Ebbene ciò che emerge è che la bioeconomia italiana non solo è avanti tanto che per questo tipo di rifiuti l’Italia si posiziona al primo posto tra i Paesi europei con un tasso di ricciclo del 91% contro la media europea del 77%, ma lo fa spaziando tra tantissimi prodotti di scarto. “Mentre in Paesi come la Spagna e la Francia – spiegano i relatori del Rapporto – sono molto concentrare sul legato all’agricoltura, in Italia si spazia dalla concia all’abbigliamento, fino al legno”. Anche perché riciclare produce valore. La carta per esempio può essere riciclata e dunque rivenduta almeno fino a sette volte. Tanto che tra il 2001 e il 2007 la quota di pasta carta originata da fibre riciclate è passata dal 6 al 33%. Nella capacità italiana nel riclico fondamentale è l’ottica di economia circolare: cioé tutte quelle attività di chiusura del ciclo e di recupero dei materiali. “Abbiamo adottato una definizione e un perimetro circolare della bioeconomia – ha evidenziato laura campanini responsabile local public finance direzione studi e ricerche di intesa sanpaolo- sono state infatti incluse le fasi a valle delle filiere produttive in modo da chiudere il cerchio e considerare le biomasse che originano dal trattamento degli scarti e che rientrano nel ciclo produttivo. L’italia si caratterizza per una forte propensione al riciclo e al riuso dei rifiuti e le filiere della carta e del legno rappresentano dei punti di eccellenza”.
E anche nel settore del legno l’Italia è avanti. Il tasso di riciclo degli imballaggi di legno è arrivatoa toccare il tasso del 60%, tra i più elevati nel contesto europeo. “Legno e carta sono settori in cui l’Italia – sostiene Stefania Trenti, responsabile industry Direzione studi e ricerche di Intesa – pur in assenza di una significativa dotazione di materia prima è stata in grado di ritagliarsi un ruolo di leader nel contesto europeo, puntando sull’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale”. Il vero problema però è nella disparità tra Nord e Sud Italia. Nonostante ci siano esempi eccellenti nel Mezzogiorno, il Sud in realtà, questa la tesi contenuta nel Rapporto, potrebbe fare molto di più, perché è indietro nella raccolta e nel riciclo. “La bioeconomia è particolarmente importante nel Mezzogiorno – sostiene Massimo De Andreis, direttore generale Srm centro studi Intesa Sanpaolo – pesa tra il 18 e il 22% del totale italiano nel Mezzogiorno a seconda degli indicatori che prendiamo. Se prendiamo i tre comparti più importanti che sono agricoltura, silvicoltura e pesca vediamo che siamo a percentuali molto superiori al 38% del livello nazionale fatto nel Mezzogiorno e in particolare la metà realizzato in Puglia e Sicilia, le due regioni leader per agricoltura biologica, per silvicoltura biologica”. E’ anche da qui dunque che bisogna partire per far ripartire il Sud.
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